Mostre

VIRGINIO VONA
METROPOLIS – AZIONI VISIONI
a cura di Roberto Sottile
GALLERIA DI PAOLO ARTE – BOLOGNA

25 MARZO – 29 APRILE 2023

L’esposizione, frutto di una collaborazione sinergica con il Centro Studi d’Arte Archivio Vinicio Berti, resterà aperta al pubblico fino al 29 aprile 2023. “Come nel film Metropolis di Fritz Lang, del 1927 – scrive Sottile nel testo critico della mostra – che ci racconta la città del 2026, governata dal potere dell’industrializzazione che annienta ogni sentimento umano, dove un androide dalle sembianze femminili ispira alla rivolta, le città di Vona sono animate da Androidi BioUmani, che vediamo o ne percepiamo la presenza, che diventano contemporanei supereroi in un contesto urbano caotico e futuristico. Le scene di Vona sono dei set cinematografici dove il “reale” dialoga con la “visione” di un futuro che appare oggi ai nostri occhi sempre più presente ed attuale. Ogni lavoro di Virginio Vona è un chiaro manifesto che attraverso il linguaggio della pittura, del disegno, del fumetto, della grafica e dell”illustrazione ci invita a prendere posizione, a non restare immobili spettatori.” Nato nel 1969 a Roma, Virginio Vona ha pubblicato negli anni Ottanta le sue prime vignette. Dopo aver studiato grafica pubblicitaria alla scuola Federico Cesi e fumetto alla Scuola Internazionale di Comics di Roma, e all’istituto di Arte San Giacomo, con la casa editrice Fenix realizza tre volumi del fumetto Demon Story. Agli inizi degli anni 2000 si trasferisce in Francia dove attualmente vive e lavora. Le sue opere sono esposte nella prestigiosa collezione di fumetti del Musée De le Centre National de la Bande Dessinée et de l’Image of Angoulême e sono quotate presso Artquid, Drouot Cotation e l’ Auction House Cornette De Sait Cyr. L’artista, iscritto ad Artprice ad oggi collabora con le più rinomate gallerie di Parigi e Bruxelles come Huberty e Breyne, Marc By H&B e ArtManiak econ la casa d’aste Artcurial a Parigi. Nel 2022 la sua prima personale in Italia presso il Museo del Presente di Rende (CS) patrocinata dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale e dal Centro Studi d’arte Archivio Vinicio Berti di Bologna. Considerato, come scrive Alda Teodorani, “uno dei più poliedrici e innovativi artisti del fumetto”, la sua ricerca è incentrata sul rapporto tra ambiente e società contemporanea, dove l’architettura urbana diventa lo spazio d’azione dove Vona compie le sue azioni-visioni. I suoi linguaggi artistici hanno la capacità di fondersi in una sola matrice visiva attraverso l’utilizzo di acrilici, oli, matite, pastelli e carboncino. “Un segno – continua il curatore Sottile – quello di Vona ribelle e nello stesso tempo “melanconico”, privo però di quella rassegnazione; ciò è una scelta ben precisa da parte dell’artista che si interroga e interroga, lasciando la possibilità allo spettatore di scegliere da quale parte della storia stare. Interrogarsi o fare finta di nulla? Sono scene quelle di Vona profondamente ispirate alla realtà in cui viviamo, le sue città, i suoi personaggi, le sue scene sono animate da un segno energico che cattura ogni centimetro di spazio. È la città dell’uomo, dell’io, del progresso e della tecnologia, dove la presenza umana emerge e vive in città sature di segni che diventano delle vere e proprie manifestazioni dal sapore apocalittico. Le narrazioni di Vona – conclude Sottile – diventano delle costruzioni distopiche che dal vuoto riempiono la scena attraverso una “realtà totale” e immersiva, che ingloba ogni cosa con un fitto geometrismo visivo irregolare, che sta per deflagrare. Un segno che diventa a tratti impenetrabile, e nello stesso tempo così profondo da consentire allo sguardo di andare oltre, in profondità. Una città ostile di bertiana memoria che l’artista anima di contemporaneità, di segno, pittura, parola e fumetto.”

VIRGINIO VONA “TRA SEGNO E FUMETTO”
a cura di Roberto Sottile
MUSEO DEL PRESENTE – RENDE (CS)

17 dicembre 2022 / 14 gennaio 2023

Appuntamento di caratura internazionale presso il Museo del Presente di Rende che dal 17 dicembre ospiterà la mostra dell’artista Virginio Vona “tra segno e fumetto” a cura di Roberto Sottile, patrocinata dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale. Il progetto del Museo del Presente è nato dalla sinergia tra il Critico d’arte e Curatore Roberto Sottile con l’Amministrazione Comunale di Rende – Assessorato alla Cultura, con il Centro Studi d’arte Archivio Vinicio Berti, con sede a Bologna diretto da Giuseppe Chiarello di cui lo stesso Sottile è Direttore Artistico. Nato nel 1969 a Roma, Virginio Vona ha pubblicato negli anni Ottanta le sue prime vignette. Dopo aver studiato grafica pubblicitaria alla scuola Federico Cesi e fumetto alla Scuola Internazionale di Comics di Roma, e all’istituto di Arte San Giacomo, con la casa editrice Fenix realizza tre volumi del fumetto Demon Story. Agli inizi degli anni 2000 si trasferisce in Francia dove attualmente vive e lavora. Le sue opere sono esposte nella prestigiosa collezione di fumetti del Musée De le Centre National de la Bande Dessinée et de l’Image of Angoulême e sono quotate presso Artquid, Drouot Cotation e l’ Auction House Cornette De Sait Cyr. L’artista, iscritto ad Artprice ad oggi collabora con le più rinomate gallerie di Parigi e Bruxelles come Huberty e Breyne, Marc By H&B e ArtManiak econ la casa d’aste Artcurial a Parigi. Considerato, come scrive Alda Teodorani, “uno dei più poliedrici e innovativi artisti del fumetto”, la mostra del Museo del Presente ripercorre, come scrive il Critico d’arte Roberto Sottile, attraverso una selezione degli ultimi lavori, il rapporto tra segno pittorico e fumetto. La sua ricerca è incentrata sul rapporto tra ambiente e società contemporanea, dove l’architettura urbana diventa lo spazio d’azione dove Vona compie le sue azioni-visioni. Pittore, Disegnatore, Fumettista, Grafico e Illustratore i linguaggi di Virginio Vona si fondono in un percorso univoco capace di generare una sola matrice visiva realizzata attraverso l’utilizzo di acrilici, oli, matite, pastelli e carboncino. Le opere di Virginio ci raccontano di città futuristiche, di Supereroi che arrivano dalla quotidianità che vivono in uno spazio caotico dove un segno ribelle si frantuma sulla superficie diventando palcoscenico di un mondo nuovo a fumetti. Cresciuto artisticamente dall’ispirazione di fumetti di vari generi come Andrea Pazienza, Tanino Liberatore con Tamburini, Crepax, Manara, Giménez, Hugo Pratt, la mostra del Museo del Presente, offrirà anche una sezione dedicata all’incontro tra la ricerca di Vona con quella di Vinicio Berti tra i fondatori dell’Astrattismo Classico Italiano, a cui Vona guarda con particolare attenzione ed interesse.

Gualtiero Nativi – Pura Pittura – Colore, segno e astrazione
A cura di Roberto Sottile
MUSEO DEL PRESENTE – RENDE (CS)

15 gennaio – 15 febbraio 2022

La città di Rende e il Museo del Presente celebrano con una grande retrospettiva il maestro astrattista Gualtiero Nativi.
Sono 80 le opere in mostra, che ripercorrono dagli anni Quaranta agli anni Novanta, sessant’anni di attività di uno dei maggiori protagonisti dell’arte astratta italiana, firmatario nel 1950 insieme a Vinicio Berti, Bruno Brunetti, Alvaro Monnini, Mario Nuti, del “Manifesto dell’Astrattismo Classico”. Il progetto nasce dall’importante collaborazione e sinergia tra l’Archivio Gualtiero Nativi, la Galleria d’Arte Nozzoli di Empoli, il Centro Studi d’Arte di Bologna con l’Assessorato alla Cultura dell’Amministrazione Comunale della città di Rende e il critico d’Arte Roberto Sottile curatore della mostra. Una “pittura pura” quella di Gualtiero Nativi, che ha destato l’interesse dei maggiori critici d’arte, intellettuali ed artisti: da Giulio Carlo Argan, Enrico Crispolti, Luciano Caramel, Gillo Dorfles, Lionello Venturi, Gabriele Simongini e poi ancora Corrado Cagli e Gino Severini, solo per citarne alcuni. A partire dal 1950 le sue opere sono caratterizzate da una frammentazione a raggiera che esprime tensioni e linee di forza multidirezionali. Nel 1951, con la mostra “Arte astratta e concreta in Italia” organizzata alla Galleria d’Arte Moderna di Roma, entra a far parte dell’Art Club e nel 1953 diviene membro attivo del Groupe Espace di Parigi. Nel 1952 viene invitato ad esporre alcuni disegni alla Biennale Internazionale d’Arte di Venezia. Nel 1959, 1965, 1973 e 1986 è invitato alla Quadriennale di Roma e nel 1961 è tra i pittori fiorentini che espongono al Museo d’Arte Moderna di Rio De Janeiro. Diversi i premi e i riconoscimenti ricevuti nella sua lunga attività artistica, così come innumerevoli sono le mostre realizzate in tutta Italia e all’estero; dalla mostra di arte astratta alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma (1951, 1953, 1955), alla Biennale Internazionale d’Arte di Venezia (1952), alla Biennale di Verona (1967, 1969), e poi ancora solo per citarne alcune, la Biennale Arte e Critica ’70 di Modena, Biennale della Grafica di Firenze a Palazzo Strozzi, la Biennale Aurea di Firenze, la Biennale La Permanente di Milano (1987), le mostre di arte italiana nei musei d’arte moderna di Vienna, Belgrado e Zagabria, nonché la partecipazione alla Biennale Internazionale di San Paolo in Brasile (1972). La mostra del Museo del Presente di Rende, si snoda in un lungo percorso di circa 80 opere, tra disegni, sculture e pitture che, dagli anni Quaranta, con le opere figurative, fino a giungere agli anni Novanta, hanno scandito i tempi e il ritmo di una produzione dinamica, in continua costruzione e poi anche astrazione sul finire degli anni Quaranta, per giungere, con tutta la sua potenza ad una “pittura pura”. Una ricerca ed una poetica, che fa del rigore della forma, e della forza del colore, un punto cardine per cogliere l’essenza stessa della pittura astratta, che si interroga continuamente sulla sua efficacia ed oggettività; capace, come affermato dallo stesso Gualtiero Nativi, di conservare “i prodromi di un racconto, di una figurazione. Racconto di un nostro tempo ove convergono personaggi, idee”.
Informazioni:

LUIGI MONTANARINI Il linguaggio dell’anima 1920-1980
a cura di Roberto Sottile
MUSEO DEL PRESENTE – RENDE (CS)

3 marzo – 2 aprile 2021

La mostra, che ripercorre sessant’anni di attività di uno dei protagonisti della Scuola Romana, nasce dall’importante collaborazione e sinergia tra l’Associazione artistica Archivio Luigi Montanarini, il Centro Studi d’Arte di Bologna, la Galleria d’Arte Nozzoli di Empoli e l’Amministrazione Comunale di Rende – Assessorato alla Cultura e il Critico d’Arte e Curatore Roberto Sottile. Nel film “Abbasso la ricchezza” del 1946, diretto da Gennaro Righelli, tra le scene più emblematiche vi è quella tra il Conte Ghirani interpretato da Vittorio De Sica e Gioconda Perfetti, interpretata dalla straordinaria Anna Magnani, che suo malgrado scopre che i suoi grandi “autoroni” Montanarina, Van Gocco, De Pirico e quello de Pisa, come li chiama lei, sono in realtà dei falsi. Al Conte Ghirani non resta che con i suoi modi da perfetto gentiluomo, darle la triste notizie. «Mi dispiace Signora ma questo Montanarini, questo Van Gogh, De Pisis, Modigliani, De Chirico, Picasso, sono falsi». Sappiamo bene di come il cinema, soprattutto in quegli anni, abbia prodotto delle opere che sono a tutti gli effetti dei veri e propri manifesti. La presenza di Luigi Montanarini in questa semplice battuta cinematografica è il punto di partenza che ci restituisce l’esatto contesto del tempo in cui l’artista si colloca, restituendoci l’idea e la conferma di un artista apprezzato e stimato, incline allo studio e alla ricerca, conosciuto al pubblico del suo tempo. Arrivato a Roma nel 1934, dopo aver conseguito il diploma di Pittura presso l’Accademia di Belle Arti di Firenze, nel 1935 aderisce alla “Scuola Romana” partecipando alle mostre collettive della Galleria della Cometa, iniziando così il suo lungo percorso di produzione e ricerca artistica che sarà sempre caratterizzato da una continua ricerca e mediazione tra il colore, la sua forza vibrante, ed un certo rigore stilistico che lo accompagnerà sempre. «Della mia opera dicevo che era la mia manifestazione – scrive Montanarini – adesso invece dico che è la mia trasfigurazione». A Roma si integra bene stringendo importanti amicizie con studiosi ed artisti. Tra i tanti vale la pena ricordare Lionello Venturi, Giulio Carlo Argan, Afro, Pericle Fazzini, Giulio Turcato, i calabresi Antonio Marasco e Angelo Savelli. Un dualismo tra l’immagine e la sua essenza, tra il colore e la luce, che dopo gli inizi della sua produzione degli Venti e Trenta, costruita attorno ad una ricerca prettamente più figurativa, dove già si palesava soprattutto nelle opere dedicate ai nudi femminili e ai paesaggi, una irrequieta e nello stesso tempo composta volontà di andare oltre l’immagine, attraverso pennellate più corpose e tonali, percorreva, nei decenni successivi nuovi linguaggi capaci di superare gli aspetti di quel mondo visibile, attraverso colori modulati, una pittura più “percepibile”, elemento essenziale di una nuova concreta pittura astratta. Per parlare della ricerca di Montanarini è necessario capire e cogliere con attenzione non solo la sua idea di pittura, ma il valore della sperimentazione e di quella realtà oggettiva verso la quale il suo linguaggio tendeva. Pur non aderendovi, la sua attenzione agli artisti del movimento Corrente di Milano, accompagna la sua riflessione artistica, sul finire degli anni Trenta, inizi degli anni Quaranta, ad intraprendere una meditazione più ampia, verso la ricerca non solo di nuovi linguaggi, capaci di superare il formalismo del Novecento, ma anche verso l’interpretazione di nuovi modi espressionistici. Nel 1939 è direttore della Scuola d’Arte di Velletri e l’anno successivo presso il liceo artistico di Roma è titolare della cattedra di Figura.Il rapporto Montanarini-artista con il Montanarini-maestro è essenziale per comprendere a pieno la sua visione e la sua necessità di rifugiarsi sempre nello studio, arrivando perfino a declinare inviti a partecipare a diverse Biennali d’Arte di Venezia se non considerava completa la sua ricerca. Non vi è distinzione alcuna tra l’artista e il maestro, esperienze queste che lo condurranno più avanti nel 1957 a diventare titolare della cattedra di pittura presso l’Accademia delle Belle Arti di Roma, di cui ne diventerà direttore dal 1965 al 1976. L’insegnamento, la pittura, una sottile linea rossa che accompagna Montanarini in tutta la sua esistenza. Le bagnanti e i nudi, soggetti “abbracciati” in segni geometrici, che hanno caratterizzato la sua ricerca negli anni quaranta, cedono il passo ad una pittura negli anni Cinquanta fatta di nuove soluzioni cromatiche che si fondono e si uniscono generando sulla superficie un’astrazione di forme, frutto delle sue continue lotte tra il colore la sua struttura e la sua plasticità. La pittura per Montanarini diventa percezione, risultato di un instancabile desiderio e di una persistente volontà di mettersi in gioco. «La mia pittura – scriveva nel 1962 – è la storia di un continuo ricominciare da capo; di continue metamorfosi e di continui rinnovamenti», che per mezzo della conoscenza arriva a far comprendere quella “verità” che insegna non solo a vedere le cose, ma ad osservarle nella loro composizione e percezione reale. Per queste ragioni Luigi Montanarini è artista di una ricerca astratta e nello stesso tempo concreta, diventando artefice di una pittura che supera il visibile. Lungo tutti gli anni Sessanta, Montanarini ragiona sul ruolo del colore e della sua espressione più pura, arrivando alla costruzione di forme scandite grazie ad una tonalità cromatica dove la materia diventa l’alleato migliore; dove il colore si ricompone in geometrismi, segni e presenze concrete sulla superficie. Artista della resilienza, la produzione e la ricerca di Montanarini, come il racconto mitologico dell’Araba Fenice, rinasce dalle proprie ceneri ogni qual volta l’artista considera conclusa una ricerca. Si chiude un capitolo, si apre una nuova fase di studio e di realizzazione. Il rapporto colore-rappresentazione, la compenetrazione di forme che caratterizza la ricerca degli anni Settanta, seppure raggiunto in un momento già maturo, sono per Montanarini l’ennesimo punto di partenza, e non di arrivo, di una pittura che in questo decennio si presenta consapevole, cosciente e nello stesso tempo semplificata, grazie alla presenza di accostamenti lineari che appaiono sulla superficie regolati per sottrazione e per addizione. Le forme si riconoscono, dialogano, si consumano a vicenda, comunicando una pienezza e potenza della tecnica pittorica. Il colore è domato, non ha più segreti, e diventa segno dopo segno un racconto senza tempo nel quale l’artista riversa tutta la sua conoscenza e la sua trasversalità: la sua dolcezza e la sua forza, la sua cognizione e la sua incoscienza. Questa conquistata semplificazione, mantenuta in piedi dalla forza dell’astrazione sul finire degli anni Ottanta si disgrega, scatenando una nuova fase di riflessione e di ricerca che condurrà Montanarini verso una pittura lacerata ma composta, dove le forme emergono e si nascondono sulla superficie grazie ad una materia pittorica densa e compatta. Il colore dilaga sulla superficie e Montanarini danza insieme ad esso, orientando la sua pittura verso una nuova meta: il rapporto della percezione del colore e la sua capacità di radiazione luminosa. Una ricerca lunga una vita, edificata sul colore, fatta di autocontrollo della potenza tonale e di una più palese vocazione alla rivoluzione delle regole. Indiscusso il suo talento, attento conoscitore e studioso del colore, Luigi Montanarini diventa artefice di una ricerca ed uno studio unico nel suo genere. Colore, segno e gesto, materia astratta e tangibile, il suo linguaggio è il racconto più completo che la storia dell’arte del Novecento e della Scuola Romana ci possa regalare. «Beati in pittura – scrive Montanarini – sono quelli che non smettono di cercare, anche se provano l’amarezza del dubbio e la sensazione dell’inutilità della ricerca».